lunedì 16 novembre 2015

Progettare un catalogo: incontro alla Tipografia Fratelli Bonvini


Pranzo Improvvisato è una mostra, ma è anche un catalogo, pensato, immaginato e impaginato da Due mani non bastano, lo studio di Ilaria Faccioli ed Emanuele Gipponi. 




In copertina campeggia, come una insegna luminosa, il titolo, affiancato dai raggi di due piccole luci, due triangoli bianchi. In basso, il sottotitolo. Dall’esterno del campo visivo, nella parte inferiore, ci si può immaginare un faro che illumina il nero denso della carta, con i raggi che a man mano si allargano. La struttura di questa pagina parla il linguaggio del cinema e dei manifesti, con il titolo, in tutta la sua importanza, che emerge dallo spazio.



Le copertine dell'Almanacco Letterario Bompiani del 1932 e 1933,
 con il loro bel font.


I Futuristi avevano le idee molto chiare su quello che i libri, la cultura, la tipografia e la pagina dovevano essere: libertà, da ogni regola; commistione di linguaggi artistici; condivisione di massa del libro; uso di font diversi; destrutturazione della geometria ottocentesca dell’impaginazione; comunicazione non solo delle parole, del loro senso, ma anche delle sensazioni tattili, uditive, dei contenuti. 



F. T. Marinetti, Zang Tumb Tumb. Adrianopoli, Ottobre 1912, uno dei più conosciuti esempi di grafica futurista.
Milano, Edizioni Futuriste di Poesia, 1914. 

Come mettere insieme questa assoluta ricerca di libertà con la necessità di impaginare un catalogo, comunicarne i contenuti, trovare una coerenza tra la poetica di riferimento (quella futurista appunto, se è lecito chiamarla poetica, anche se è probabile che Marinetti si stia rivoltando nella tomba) e la contemporaneità? 

Tra il Futurismo e la sua ricerca tipografica e oggi ci sono decenni in cui il libro e la grafica sono stati più volte rivoluzionati. Il nostro immaginario visivo è denso di riferimenti al passato e di semi per il futuro. Per questo motivo, quando si sono trovati di fronte alle scelte tecniche legate al catalogo, Ilaria ed Emanuele hanno decisi di non voltare le spalle al presente. L’idea di Pranzo, di recuperare il messaggio del Futurismo su un tema preciso, legandolo alla contemporaneità dell’illustrazione, ai suoi talenti internazionali, doveva essere declinata nel catalogo in un linguaggio che rispecchiasse questa tensione creativa.




Ecco perché la scelta di un font che strizza l’occhio, per il suo peso nella pagina, a quelli degli anni ’30, dei manifesti e dei poster; ecco perché nell’ordine dell’indice, le linee diagonali e verticali della gabbia grafica si intrecciano così veloci; e il 22 è scritto con le cifre una sotto l’altra. Carte con colori diversi, la serigrafia per la copertina, il dorso telato, perché oggi i materiali di stampa sono infiniti, e la stampa è cresciuta, si è evoluta. Il catalogo è stato realizzato in 1000 copie da Grafiche AZ, che ha coordinato ogni dettaglio: i colori delle immagini, che dovevano essere fedelissimi agli originali: il filo di cucitura; il taglio del cartone della copertina; il controllo della tela del dorso, che guai se viene decentrata e fa le grinze. 




Si stampava invece anni fa sui caratteri mobili, di legno, di piombo, con pazienza certosina, costruendo la pagina pezzo per pezzo. Lo sanno bene quelli della Tipografia Fratelli Bonvini di Milano, che allora già facevano volantini, poster, libri, biglietti. Lo possono e lo sanno raccontare benissimo, e ancora oggi stampano così, con le stesse macchine. 





Chi è venuto alla mostra ha visto le cartoline con le ricette stampate dai Bonvini, che hanno ricercato i font più adatti, hanno costruito i testi, hanno stampato, hanno aspettato che l’inchiostro asciugasse. 


Tutto questo e altro ancora si potrebbe dire qui sulla grafica, sul come fare e sul come si faceva e si farà a stampare. 

Ma forse è meglio se venite di persona a sentire parlare Due mani non bastano, i tipografi di Bonvini, Grafiche AZ, Gaia Stella e Cristina Amodeo, il 26 novembre alle 18.30, proprio presso la Tipografia Fratelli Bonvini di Milano, in via Tagliamento 1


martedì 6 ottobre 2015

L'inaugurazione!

Il 24 settembre abbiamo, dopo molti mesi di lavoro, inaugurato il nostro "Pranzo Improvvisato”.


Allestimento Pranzo ImprovvisatoMostra Triennale Milano
Posted by Pranzo Improvvisato on Lunedì 5 ottobre 2015

Per la verità, il nostro battesimo del fuoco è avvenuto la sera precedente, il 23: dopo una giornata grigia e piovosissima, la sala della Triennale che ospitava la mostra era colorata, luminosa, pronta ad accogliere i giornalisti che avevamo invitato ad una serata speciale di presentazione. Gli sponsor Ballarini e Cantina Negrar erano presenti insieme a noi ad accoglierli, e questa ufficialità ci ha messo senza dubbio un filo di agitazione. 





Il nervosismo però è sparito quando abbiamo aperto la sala, e abbiamo cominciato a vedere le persone camminare silenziose intorno alle illustrazioni. Chiedevano, sorridevano, parlavano. Ed era solo l’inizio. 

Il 24 la serata di inaugurazione è stata magica: tantissime le persone arrivate; gli illustratori, amici, curiosi, appassionati, persone di passaggio che un po’ timidamente di facevano largo tra la folla (veramente tanta!).





C’era una ubriachezza di parole, abbracci, ringraziamenti e poi mille domande a cui rispondere, mille curiosità da soddisfare: ma le ricette come le avete trovate? Ma come vi è venuto in mente di fare questa immagine?



Abbiamo dovuto recuperare le forze e mettere in ordine tutto il materiale foto e video. L'inaugurazione di Pranzo...
Posted by Pranzo Improvvisato on Lunedì 5 ottobre 2015


Soprattutto: ma poi, la mostra, va da qualche altra parte?
Ecco, questo ve lo faremo sapere a breve.

Intanto: grazie a tutti quelli che sono venuti a trovarci il 24 e per tutta la settimana in cui la mostra è stata visitabile in Triennale.



martedì 22 settembre 2015

Oscar.697


Una ricetta di polibibita futurista illustrata da Fortunato Depero.


Nel teorizzare la loro cucina futurista, Marinetti e Fillìa non hanno di certo tralasciato un importante elemento: il bere. Amavano il vino, sicuramente, come quello delle Cantine Valpolicella Negrar. Ma non molti sanno che i futuristi sono stati i veri inventori dei cocktail: quelli che ora sorseggiamo in ogni bar, in ogni parte del mondo, sono in realtà in gran parte influenzati, nati, sono stati perfezionati partendo dalle cosiddette polibibite (cocktail, parola straniera, era inaccettabile nel vocabolario italianissimo dei futuristi). 

Il principio è lo stesso adottato per il cibo: colore, sapore, tatto, tutti i sensi partecipano alla riuscita in queste miscele assolutamente uniche, alcune attuali, altre un po’ folli. È sufficiente leggere i nomi delle quattro categorie in cui queste polibibite erano suddivise per accorgersi della loro portata rivoluzionaria: c'erano i decisoni, pensate per prendere, come dice il nome, decisioni importanti; prestoinletto, adatte per l'inverno; paceinletto, per assicurarsi un bel sonno ristoratore; guerrainletto, per chi invece aveva, per la notte, tutt'altri "piani".   


Copertine di "1000 misture", libro dedicato alle polibibite,
 scritto da Elvezio Grassi, illustrato da Piquillo (Carlo Pandolfi), nell'edizione di Licinio Cappelli, Bologna, 1936.


Uno degli ingredienti principe usato dai futuristi era proprio il Vermut, o Vermouth, nella sua variante rossa o bianca. 


Un bicchiere di Avanvera era composto da Vermut rosso, cognac e liquore Strega.
Foto da Gazzettagolosa.


Quindi non poteva mancare nel nostro Pranzo Improvvisato uno dei più interessanti produttori di questa bevanda: Oscar.697, giovane marchio, nato nel 2012, che ha ripreso la tradizione del Vermut e la ripropone oggi con una ricetta, appunto la numero 697, unica. 




Il 24 settembre in Triennale, alle 18, il menù non può che prevedere: Pranzo Improvvisato con Oscar.697!


mercoledì 16 settembre 2015

Allestire Pranzo Improvvisato



La sala della Triennale di Milano dove si terrà Pranzo Improvvisato è luminosa, con le pareti candide. Non ci sono appoggi, chiodi o sostegni alle pareti, il vetro è luminoso (e intoccabile), non ci sono ganci né cornici. Una scatola vuota che è stata messa a disposizione per noi e che possiamo riempire. 


La piantina della sala


Le prime riflessioni che sorgono sono due: vogliamo che le immagini emergano come farebbero i piatti su una bella tovaglia bianca; vogliamo anche che le ricette illustrate pervadano lo spazio, come a entrare in un ristorante, quasi che si possa sentirne il profumo, che se ne possa apprezzare appieno la forza.  

Chi ha progettato l'allestimento e creato la struttura espositiva della mostra sono stati Nicolò Gazzola (architetto), Letizia Abbate (grafica) e il mastro falegname Roberto Volpi con la sua azienda Tecknolegno.


Studio di Nicolò Gazzola per il progetto
degli espositori "totem" per Pranzo Improvvisato



Insieme hanno progettato i totem, misurato, fatto prototipi; Roberto ha intagliato, montato, assemblato. 
Sono riusciti a dare una forma così semplice, discreta e coerente a quello che maldestramente, nei primi incontri organizzativi, chiamiamo “supporti”, “appoggi”, “montanti”,"ganci". 
Invece, la struttura su cui le illustrazioni verranno montate è stata studiata e pensata con coerenza, da chi, con grande sensibilità, ha saputo capire il progetto, e ha trovato il modo di dare ancora più risalto ai poster, sia cromaticamente, con un materiale non aggressivo, sia matericamente: anche la carta vuole la sua parte, il supporto è importante, ha un suo spessore, una sua luce; i colori stampati hanno una brillantezza da valorizzare. Perciò si sceglie il legno chiaro, si opta per la leggerezza e la semplicità, si cerca l'essenzialità.


Da sinistra: Roberto Volpi, Cristina Amodeo, Nicolò Gazzola e Ilaria Faccioli
da Teckolegno, con il prototipo del totem



Anche in questo caso, Pranzo Improvvisato ha potuto contare su una vera squadra, con mani e teste, pensieri e forza, che hanno reso possibile la mostra, e che le hanno regalato anche una marcia in più: chissà che Pranzo Improvvisato non possa ora viaggiare più facilmente anche altrove, e visitare altri musei, biblioteche, luoghi inaspettati. Sarebbe bello, e lavoreremo anche su questo. 



lunedì 14 settembre 2015

Gli illustratori di Pranzo Improvvisato: Valerio Vidali e Violeta Lópiz

Violeta Lópiz è una illustratrice spagnola, berlinese d'adozione. Classe 1980, ha studiato in Spagna e pubblicato in tutto il mondo con editori come Kalandraka, Edelvives, MacMillan, Topipittori e Rouergue. 
Valerio Vidali vive e lavora a Berlino. Ha iniziato a illustrare libri per bambini subito dopo il Diploma in illustrazione, nel 2004, e da allora non si è più fermato. Vincitore della Biennale di Illustrazione di Lisbona nel 2012 e di numerosi altri premi, da qualche tempo lavora a quattro mani con Violeta. Insieme sono stati selezionati all'ultima mostra degli illustratori della Fiera di Bologna. Insieme, partecipano a Pranzo Improvvisato. 


Il pranzo perfetto:
Quello consumato all'ombra in un giorno afoso, con i piedi nell'aqua e le mani nell’erba dopo aver camminato per tutto il giorno, essere caduto nell'acqua con i coccodrilli, aver nuotato fino ad un' isola con temperature che oscillano fra i -7 gradi e i + 43, aver costruito una barca con foglie di quadrifoglio, navigato up and down in mezzo a delle onde d'acqua frizzante e avere trovato l'uscita da una spiaggia di pomodori, poco prima che un cuoco di dimensioni gigantesche preparasse un gazpacho con noi.


Illustrazione © Valerio Vidali e Violeta Lopiz


Cosa hai pensato quando hai letto la ricetta che ti abbiamo affidato:
... chi diamine è "Jacobson"? 
Voglio preparare queste pranzo seguendo la ricetta alla lettera.


Due ingredienti: Garofani + Roob Coccola di Zara. Quale ricetta improvvisi?
Prendere 1 garofano rosso (di 1kg, più o meno).
Tagliarlo con attenzione in tre pezzi: Ga, Ro e Fano. 
Mangiare il "Ga" al momento perche altrimenti dopo diventa "aG!" e perde le vitamine. Codire il "Fano" con un po' di sale e pepe e farne una insalata de scherzi e brividi. Frullare il "Ro" e lasciarlo nel frigo (per mezz'ora circa). 
Del Roob di Coccola di Zara, buttiamo tutto il Roob e lasciamo la Coccolla di Zara bella pulita. Con un coltello ben affilato tagliare fettine sottili e lasciare riposare nel succo di Ro per un paio di cicli lunari e voilà
Decorare le fette di Cocolle di Zara al suco di Ro con l'insalata di Fani. Mettere tutto in un piatto quadrato al centro di un tavolo rotondo e consumare con posate in legno.

In alternativa: buttare tutto in padella e condirne una pasta.





giovedì 10 settembre 2015

Gli illustratori di Pranzo Improvvisato: Beppe Giacobbe


Beppe Giacobbe è uno tra i più stimati illustratori. Formatosi tra l'Italia e gli Stati Uniti, pubblica oggi con editori e riviste di tutto il mondo, tra cui Lazy dog, Orecchio Acerbo, Rizzoli, Bayard, Phaidon e Harper Collins. Ha ispirato e ispira intere generazioni di giovani illustratori, e queste sono le sue idee per Pranzo Improvvisato.


Il pranzo perfetto:
Insalatina con formaggio di capra stagionato, pancetta e crostini caldi, torta salata di carote e zucchine su pasta brisée, gelato di limone con le fragole e una bottiglia di Vermentino di Sardegna.




Illustrazione © Beppe Giacobbe




Cosa hai pensato quando hai letto la ricetta che ti abbiamo affidato:
Che era uno scherzo di Fillìa...


Due ingredienti: Liquore di melissa + Liquore di banane. Quale ricetta improvvisi?
Crêpes con liquore di banana e crêpes con liquore di melissa.







martedì 8 settembre 2015

Cantina Valpolicella Negrar: il vino giusto per Pranzo Improvvisato


I pranzi futuristi erano spesso accompagnati dal buon vino, italianissimo, rosso, bianco, frizzante o fermo, mai in quantità esagerate, servito in coppe di ceramica, o in bicchieri di vetro. La sua degustazione e la sua presenza a tavola erano indispensabili.
Il legame tra il futurismo e le tante cantine e aziende produttrici di bevande alcoliche si manifesta da subito, e se chiedete a qualunque barman esperto potrete avere conferma dell’importanza degli esperimenti dell’avanguardia nel campo dei cocktail (ma i futuristi non avrebbero mai usato questa parola, e parlavano invece di polibibite), preparati anche con il vino. 


Ugo Pozzo, Manifesto per Vini italiani, slogan di F. T. Marinetti, 1930.



Se il vino è bevanda di antichissime tradizioni è tuttavia bevanda che si rinnova annualmente, si modernizza col progresso multiforme: è una bevanda dinamica, che contiene il carburante-uomo e il carburante-motore.
Alamanno Guercini, direttore del “Giornale Vinicolo Italiano”, 1932.

Il vino è italiano, è segno della ricchezza del nostro territorio, e ha una potenza artistica incontenibile.

Nel 1934, Fortunato Depero dedica proprio al “nettare degli dei” quattro componimenti nelle sue Liriche radiofoniche: quattro bocche, ognuna descrivendo un tipo diverso di vino, in una esplosione di sensazioni, sinestesie, immagini e profumi.

La prima bocca dice: io voglio del vino asciutto… rosso chiaro… con trasparenza di rubino. […] Nella gola deve scivolare come una cascatella cristallina di pace raccolta e di poesia silenziosa. Attraverso i suoi riflessi devo vedere la linea flessuosa del suo profilo sottile di vespa chiaro, sanguinello di fragola filtrata con vene azzurrine di aria purissima prealpina. […]

La seconda bocca dice: io desidero vino spesso, rotondo, carnoso, nutritivo e pieno. Un vino che mi dice tutto. […] Quando scrive nella tovaglia deve essere nero e fortemente affermativo. La sua macchia versata, ben contornata senza sbavature acquose, nella gola deve scendere come un cibo, come una fetta di carne liquida. […]

La terza bocca dice: io lo desidero colore dell’oro, pastoso al palato. Zuccherino alla gola. […] Il suo vero colore tra l’oro e il rame con liste d’ottone, con pupille d’oro vecchio e sguardi d’oro. […] Allo sguardo deve apparire come il sole in bottiglia, aroma di pesca matura, forza d’un liquore fluidità di una chioma tizianesca. […] Appena bevuto deve trasformare il sangue in oro solare, le vene irradiare luce fosforescente, dando un senso di beatitudine.

La quarta bocca dice: io ho tutt’altri gusti. Sono metropolitano e notturno. Desidero vino: nè solido, nè scuro, nè leggero, nè dorato; nè dolce, nè passito; nè tizianesco, nè rubino. […] Superbo come il fischio di una vaporiera, con in testa un alto ciuffo di schiuma da parata. Un vino corazziere. Un vino che appena giunge in bocca ricorda i cedri, i limoni, gli aranci e le schiume marine, frammisti a bei denti bianchi e a spumeggianti risate di gioia notturna. Trasparenze di scollatura, riflessi di alabastro, mani di cera inanellate; Parigi, Sanremo, Montecarlo, roulette, occhi di lampadine, dollari e girandole di fuochi d’artificio. […] Gioia sturata e fontana iridescente di felicità... Garçon, champagne!


Le bottiglie originali del 1939.


In questo contesto, nel 1933, un gruppo di sei volenterosi, ottimisti e agguerriti produttori di vino della Valpolicella decidono di investire energie, risorse e competenze per realizzare quello che nel 1936 diventerà l’Amarone. Così nasce la Cantina Valpolicella Negrar, una cooperativa ormai divenuta storica e tuttora attiva, vincitrice di riconoscimenti a livello internazionale per l’alta qualità della sua produzione. I suoi vini sono prodotti dalle uve di 600 ettari di terreno. 
Se i futuristi amavano le macchine e la tecnologia, è pur vero che il loro attaccamento al territorio, alle sue ricchezze, ai suoi sapori e complesse variazioni era per loro indispensabile per raggiungere la vera polisensorialità anche in cucina.

L’Amarone nasce ufficialmente nel 1936, e la cantina si fa subito portatrice di questo spirito: con una gestione territoriale basata su forze locali; lavorando su uve pure italiane (mentre molte cantine della zona, con i macchinari industriali, avevano invece optato per uve importate); contando sulla conoscenza diretta e trasmessa di mano in mano di una terra ricca, che in quegli anni aveva però non pochi problemi di produttività (dovuta principalmente alla fillossera, che attaccava i vigneti e aveva costretto molti ad abbandonarne la cura per piantare cereali). Una realtà che è nata in un contesto in cui l’equilibrio tra innovazione, qualità e territorio era ancora tutto da inventare.


Fortunato Depero, Riti e splendori d'osteria, 1944.


C’è, nella storia dell’Amarone, una piccola componente di improvvisazione, di caso, che non si può tralasciare. La nascita di questo noto vino è avvenuta, secondo la “leggenda”, per una dimenticanza: il vino lasciato a fermentare nelle botti più del dovuto, che si è poi rivelato in tutta la sua forza. E non è sempre stato perfetto: perché a questa novità inaspettata sono seguiti anni di studio e di perfezionamento, di innovazione ma senza dimenticare la terra, i luoghi, le origini negli anni '30.


La bottaia della cantina oggi.


Pranzo Improvvisato conterà dunque anche sulla partecipazione e il sostegno di Cantina Valpolicella Negrar, che ha creduto nel progetto della mostra e accompagnerà questo momento con i suoi vini. Cincìn!